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I terribili due anni!

  • Marianna
  • 1 feb 2017
  • Tempo di lettura: 7 min

Cari mamme e papà preparatevi perchè prima o poi quel momento arriva!

Oh, no, non sto parlando di quando vostro figlio partirà per fare l'interrail...

Di cosa parlo? di qualcosa che arriverà molto prima e quasi per tutti: i terribili 2 anni!!

Quel periodo che i bambini attraversano tra i 18 mesi e i 3 anni (mese più, mese meno), in cui tutto diventa “NO”.

Beh, vorrei tranquillizzarvi subito dicendovi che di solito dura pochi mesi, al massimo un anno, e poi, come tutto, passa!

I bambini diventano testardi, capricciosi, hanno una sola risposta, no, a qualsiasi proposta e qualsiasi domanda, anche se, in realtà proponiamo loro qualcosa di gradito.

Ci sfidano, urlano, battono i piedi a terra (e qualcuno anche la testa), piangono senza che noi sappiamo come consolarli.

Capita, a volte, che mamma e papà vadano un po’ in crisi con loro!

Devo sottolineare, però, che il periodo dei no è molto importante, perché è un percorso obbligato che porta all’indipendenza.

Saperlo accettare e comprendere lo rende, in potenza, un periodo molto positivo per il futuro dei nostri pargoli.

Quindi evitate di sentirvi cattivi genitori e ricordate che altri milioni di genitori stanno attraversando la vostra stessa fase!

Cosa sta succedendo così all’improvviso?

Innanzitutto parliamo di un giusto desiderio di indipendenza che deriva dalla presa coscienza di essere una persona diversa dalla mamma e da tutte le altre persone che lo circondano.

Apprende che la sua personalità può (e deve) essere differente dalle altre e sperimenta tutte le modalità per trovare quella che più gli si addice.

Fino a quel momento i nostri bambini vivevano una sorta di estensione tra il loro corpo e quello della mamma, tra la loro mente e la sua, adesso non più.

Sono diventati “grandi” e in questo modo riescono a capire la differenza tra loro ed il resto del mondo.

Spesso desiderano essere indipendenti e fare da soli, anche se non sempre ci riescono, e questo scatena in loro delle piccole arrabbiature.

Capita che si arrabbino semplicemente perchè, in puro spirito di contraddizione, non capiscono cosa desiderano.

Spesso non sanno esprimere i loro bisogni, perché non conoscono ancora le parole giuste per farlo.

E capita anche a noi grandi di innervosirci quando non veniamo compresi (soprattutto se stiamo cercando un modo per esprimere questo bisogno!).

La famosa pediatra e psicoanalista francese Francoise Dolto, vissuta nel secolo scorso sosteneva che in questa fase “Il bambino dice NO per dire SI ovvero: ti rispondo di no perché sei tu a chiedermelo ma in effetti subito dopo sono io che decido di volerlo fare”.

Dobbiamo fare lo sforzo di tenere bene a mente che questa fase “Terrible two” non è terribile solo per mamma e papà, ma è una fase estremamente difficile anche per i bambini!

In che modo possiamo affrontarli questi “terrible two”?

Ci tengo a precisare che questi sono solo consigli teorici che, anche se nella maggior parte dei casi se applicati funzionano, bisogna sempre ricordare che ogni bambino è diverso da un altro e pertanto ogni strategia deve essere in maniera più o meno dettagliata tarata sul nostro bambino.

(e vi prego, non prendetemi per Tata Lucia!).

Creiamo delle buone routine

La maggior parte dei bambini si sente più tranquilla all’interno di una routine.

Queste permettono loro di avere certezze, in particolare su cosa si farà dopo, limita gli imprevisti e perciò limita la necessità di doverli gestire, a volte non sapendo quale strategia trovare.

In alcuni casi ci può venire in aiuto una sorta di agenda visiva, che possiamo facilmente costruire aiutandoci con le immagini delle attività quotidiane, in particolare il momento dei pasti, della scuola, del bagno e della nanna. In ogni caso è importante giocare d’anticipo sulle crisi da stanchezza: quando i bambini si stancano troppo partono le crisi.

E’ buona cosa prevedere per tempo i segnali che i nostri figli ci mandano in quei momenti, per poter fare in modo (quando possibile) di permettere loro di rilassarsi e “staccare” un attimo dalla situazione che crea disagio (…prima che sia troppo tardi!!!)

Stabiliamo poche regole, ma che siano chiare e ferme

I bambini devono avere poche regole.

Poche ma precise, chiare e più ferme possibile (altrimenti ci mettono un attimo a capire come possono essere modificate!)

Non possiamo riempire la loro vita di divieti, altrimenti li confondiamo.

Se tutto ciò che fanno è seguito da un NO, nessuno di quei NO sarà importante, perché percepirà che tutti i NO che gli vengono detti sono sullo stesso piano.

Le regole che decideremo per il nostro quotidiano devono essere tarate rispetto all’età del bambino, e devono riguardare le cose davvero essenziali (che sono diverse per ciascuno).

Esistono alcune regole che non ammettono deroghe.

Sto parlando delle regole di sicurezza, qui vince il no, secco e deciso, immutabile.

Mi riferisco alle cinture di sicurezza, le prese di corrente, le finestre, i coltelli.

Qui non possiamo cedere, mai, altrimenti siamo fregati.

Dare un’alternativa e anche una scappatoia

Di fronte a un no si può provare a contrattare.

Possiamo concedere delle alternative, non troppe, diciamo che due (al massimo tre) possono bastare.

Può succedere anche che nostro figlio non abbia proprio voglia di fare quello che vogliamo fare noi, nel modo in cui lo vogliamo noi.

E allora è corretto chiedergli se desidera un’alternativa.

Ad esempio: “preferisci giocare con il trenino o con i pennarelli?” “Cosa ne pensi, cuciniamo la pasta o il riso?” E poi occorrono scappatoie, una via alternativa per fare comunque bene.

Diamo ai bambini un modo per farci contenti! Se tutto ciò che fanno non va bene che senso ha continuare a fare qualunque cosa?

Cerchiamo di non riporre troppe aspettative nei confronti dei bambini

I bambini sono bambini e devono fare i bambini!

Non mi stancherò mai di ribadire l’importanza delle tappe di sviluppo fisiologiche e la necessità che queste siano accompagnate verso un’acquisizione più naturale possibile, senza fretta e senza forzature.

Vestirsi da soli, togliere il pannolino, mangiare senza sporcarsi, capire se sono stanchi ed è ora di dormire.

Poi ci sono le richieste più “astratte” tipo: stai seduto composto (composto cosa vuol dire?) e comportati bene (fin dove è bene e da dove è male?).

Tutte le sensazioni dei nostri bambini sono importanti ma, per loro, spesso, incomprensibili.

E allora qual è il compito di noi grandi?

Nominare queste sensazioni ad alta voce, per aiutare il bambino a identificarle, e portare pazienza (lo scrivo, anche se quando mia nonna mi diceva “porta pazienza mi arrabbiavo tantissimo!”).

Cerchiamo di ricordare che è ancora troppo presto e non possiamo aspettarci dai nostri figli quello che ‘naturalmente’ non percepiscono ancora come una loro esigenza.

Non prendiamo le crisi di rabbia come una questione personale

I bambini non fanno i capricci per fare un dispetto a noi (o almeno…non sempre!).

Ogni bambino ha il desiderio di essere amato da mamma e papà e di renderli felici.

Quando combina un pasticcio, fa un capriccio o si impunta su qualcosa che noi cerchiamo pazientemente di spiegare ma senza risultato non sta facendo un dispetto a noi, ma sta solo imparando ad essere se stesso!

Incoraggiamo i comportamenti positivi

Enfatizzare e mettere l’accento sulle cose belle, incoraggiando i comportamenti positivi permetterà ai bambini di consolidarli.

Permetterà loro di capire che c’è il modo di fare bene e di far felici mamma e papà.

Parliamo ai nostri bambini di sentimenti

I bambini hanno un desiderio molto importante, quello di compiacere i loro genitori e renderli felici.

I bambini ci amano, sempre, e vogliono solo che noi gliene vogliamo altrettanto.

E capiscono molto bene quando parliamo di sentimenti.

Una volta, dopo una crisi di uno dei miei nipoti, al nostro rientro a casa mentre giocavamo sul divano io gli dissi “ma quanto ti ama la zia??” e lui, un po’ mestamente mi rispose: “mi ami anche se prima ti ho fatto arrabbiare?”

E’ fondamentale spiegare loro questa differenza.

Io ti amo sempre, poi ci sono alcuni comportamenti che non vanno bene, che mi possono far arrabbiare, la l’amore è sempre lo stesso.

Spesso quando il bambino è in piena crisi, può essere utile parlargli in modo chiaro ma gentile ribadendo sempre l’amore che proviamo per lui ma spiegando che quel comportamento non ci piace.

“adesso che sei così arrabbiato non possiamo parlarne, prenditi un po’ di tempo per calmarti e poi risolviamo tutto insieme”

Lo ammetto, sembra zen e surreale, ma funziona!

I bambini hanno bisogno di sapere che i loro comportamenti hanno un impatto emotivo anche sugli altri.

Cerchiamo di non etichettare un bambino come pestifero o capriccioso

A volte commettiamo l’errore di attaccare ai bambini delle etichette, nel bene e nel male, senza pensare più di tanto alle parole che si usano e al loro peso.

Luca è pestifero, Giovanni è una lagna, Matteo è un genio…

Etichettare un bambino andrebbe evitato per proteggere la sua fiducia in se stesso.

Quando dici a tuo figlio “Tu sei…” stai dando un giudizio di valore sulla sua personalità.

Gli stai attribuendo una caratteristica relativa al suo modo di essere, gli stai dicendo “Tu sei così (e non puoi cambiare)”.

Gli stai comunicando le tue aspettative riguardo al suo modo di essere ed il potere delle aspettative è enorme!

Le etichette, soprattutto se negative, restano fastidiosamente appiccicate ai bambini e si trasformano spesso in profezie che si autoavverano.

Che cosa succede poi? Se se lo sente ripetere in continuazione, un bambino si sentirà davvero stupido, capriccioso o timido e inizierà a comportarsi di conseguenza, confermando le tue aspettative.

Dare un’etichetta negativa ha la conseguenza di incoraggiare chi ce l’ha nel suo comportamento sbagliato: “se sono una lagna significa che posso lamentarmi sempre, se sono una peste allora posso combinare guai”

Quando etichettiamo un bambino lo freeziamo all’interno di un ruolo, senza fargli capire che in realtà ha la possibilità di crescere e cambiare, togliendogli fiducia nelle sue capacità.

Il risultato sarà indurlo a diventare proprio come lo abbiamo etichettato, che sia pigro, capriccioso, lento, timido…

Insegniamo loro il valore del chiedere ‘scusa’

Se un bambino si comporta male, bisogna insegnarli a chiedere scusa.

Qualcuno si rifiuterà apertamente di farlo, allora gli daremo noi voce, dicendo “scusa mamma” e successivamente gli diremo “va bene, ti perdono”.

Si impara già da piccoli che le persone vanno rispettate e i bambini non vanno giustificati esclusivamente per la ragione di essere bambini, bisogna ricordare che sono persone, piccole, ma persone.

Quindi, anche se un bimbo è piccolo, è bene insegnargli a chiedere scusa.

E se non sa farlo a parole, vanno benissimo un abbraccio, un bacino, una stretta di mano.


 
 
 

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